Sicurezza e tecnologie al servizio delle donne – L’evento di presentazione di Women Security, la start-up dedicata alla sicurezza delle donne

da un approfondimento di Stefano Peroncini –  Consigliere Delegato di United Risk Management

Torniamo a parlare di Women Security, la start-up innovativa a vocazione sociale del Gruppo United, che nasce dall’idea di Paola Poli, con un progetto davvero ambizioso e concreto, quello di portare la tecnologia e l’intelligence al servizio della sicurezza delle donne. Abbiamo fatto finalmente il lancio ufficiale presso l’avveniristico Microsoft House in Milano, il 23 maggio 2018.

Dopo una breve introduzione della padrona di casa, Barbara Cominelli, Direttore Marketing & Operations di Microsoft, che ha accolto gli ospiti ricordando le key words che accumunano il progetto di Women Security a Microsoft (startup innovativa, empowerment femminile e sicurezza) si é entrati subito nel vivo.

L’onorevole Lara Comi ha fatto un intervento appassionato, partendo dalla sua esperienza personale, sotto assedio da uno stalker da diversi anni. L’Onorevole Comi ha messo sul piatto senza troppi giri di parole quanto da lei vissuto, in un’esperienza drammatica di attacco alla sua vita, in cui dapprima si é sentita in difficoltà nel denunciare il suo stalker e che poi, quando l’ha fatto, si é sentita quasi sotto accusa dai pubblici ministeri che indagavano sul suo caso.

E allora lo spunto è quello di lavorare su “ordini di protezione europei” davvero efficaci, su una collaborazione fattiva tra forze dell’ordine, magistratura, operatori privati e pubblici in grado di dare supporto alle donne. Senza aver paura di denunciare subito, perché magari ci si sente in colpa o perché non si ha la solidarietà delle altre donne (sembra assurdo, ma sembra proprio che sia così).

La violenza di genere é davvero un fenomeno ormai strutturale? Ha provato a rispondere Fabio Roia, Magistrato, Presidente della Sezione Misure di Protezione del Tribunale di Milano, autore del libro “Crimine contro le donne”, impegnato sul tema sin dagli anni 90. Un problema, quello della violenza contro le donne, strutturato, culturale, sociale, transnazionale, che esiste da sempre, figlio di un modello di patriarcato, di maschilismo della nostra società, soprattutto italiana, dai costi sociali associati impressionanti, stimati in 17 miliardi di euro. Si tratta di costi giudiziari, costi sanitari, ripercussioni sul mondo del lavoro di chi ha subito violenze, contro i soli 6-8 milioni di euro di investimenti all’anno. Le denunciano finalmente però aumentanoaumenta l’emersione del fenomeno e questo è molto positivo. 7 donne su 10 secondo una indagine recente ISTAT del 2014 non sanno di subire un crimine quando subiscono violenza, soprattutto se nell’ambito di una relazione familiare: c’è quindi ancora un grandissimo problema culturale da affrontare e risolvere, per contrastare i sensi di colpa e di vergogna delle donne che subiscono violenze (per cui non denunciano) e il senso di “appartenenza e di proprietà” dell’uomo che esercita la violenza sulla sua vittima. Si pensi che solo il 5% delle donne che subisce violenza si rivolge a centri di assistenza, dove si trovano professionisti che sono in grado di ascoltare, con empatia, senza giudicare, mantenendo la segretezza e l’anonimato della persona che chiama.

La sintesi di Roia é che senza un aiuto esterno dal circuito della “violenza di relazione” la donna non ne esce. Lo dicono i dati e lo dice il “ciclo stesso della violenza” dove l’uomo violento prima agisce la violenza, poi chiede scusa, quindi passa alla fase della luna di miele per poi riprendere il ciclo della violenza. I dati indicati dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio in Italia, in 5 anni, dal 2011 al 2016, sono drammatici: il numero di casi di morte di donne per questioni di relazioni è pari a 1/4 di tutti i casi di omicidio volontario commessi sul territorio.

Le leggi a disposizione contro il femminicidio tutto sommato, ha proseguito Roia, sono molto buone; purtroppo gli strumenti a disposizione per tutelare le vittime non vengono applicate da tutti gli operatori giudiziari con tempestività, efficacia, professionalità e specializzazione. Una “denegata giustizia” come nel caso dell’onorevole Comi che non dovrebbe più verificarsi!

Il modello delle tre P della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica è quello da applicare: la Prevenzione come parola chiave, intesa come prevenzione primaria (che significa educare i ragazzi al rispetto di genere e della diversità, andando quindi agire nelle scuole), la Protezione della vittima, e la Punizione del colpevole, che molte volte se non viene trattato nel prendere coscienza e consapevolezza del disvalore di ciò che ha commesso, farà il carcere nella convinzione di essere detenuto ingiustamente e molto probabilmente andrà ad essere recidivo (e con più cattiveria) una volta nuovamente in libertà.

La tecnologia può essere importante: oggi purtroppo però non abbiamo la possibilità di applicare – perché non previsto dalla normativa di riferimento – ad esempio il braccialetto elettronico alle persone che sono colpite dalla misura protettiva chiamata “divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima”. Si pensi a quanto sarebbe utile nel caso di una vittima di stalking, in cui il molestatore indossando un apposito braccialetto potrebbe in automatico segnalare la sua presenza – opportunamente geolocalizzata – ove al di sotto di un margine di distanza (es 1 km) dai luoghi a lui inibiti. Il movimento nell’area protetta potrebbe essere rilevato immediatamente da una centrale di polizia che potrebbe quindi fare l’arresto in flagranza di reato.

Ha proseguito la Prof.ssa Eleonora Montani, docente di Criminologia dell’Università Bocconi, che segnala quanto la prevenzione sia il grande assente, a causa anche di una limitatezza di risorse disponibili da parte dello stato per cui ci si concentra più sulla ricerca del colpevole del reato più che sulla prevenzione. La donna arriva molto spesso tardi alla denuncia, quando la misura è colma, perché una donna tende a colpevolizzarsi, pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato o di essere in difetto, dando magari adito ad un fraintendimento. E quindi le denunce non arrivano, anche perché spesso la donna è inconsapevole del proprio stato di vittimizzazione, fa fatica ad esprimere il proprio vissuto, anche per le difficoltà ad ammettere le proprie fragilità quali ad esempio quella di non riuscire a gestire una situazione di vittimizzazione, soprattutto nella società di oggi. E’ un tema di particolare rilevanza da un punto di vista criminologico, ed ecco quindi che è sempre più necessario lavorare, da un lato, su percorsi di conoscenza e percezione del fenomeno e, dall’altro, fornire alla donna strumenti che possano aiutarla in questo percorso di consapevolezza e autostima.

Paola Poli, ideatrice del progetto e dell’evento, ha finalmente presentato la sua Women-Security, startup partecipata dal Gruppo United Risk che si pone l’obiettivo di porre al servizio delle donne due grandi risorse: gli esperti di sicurezza e di intelligence da un lato e le nuove tecnologie, già presenti ma spesso non conosciute, dall’altro lato. Al centro del progetto la mappatura del profilo di rischio di ciascuna persona, a fronte del quale si costruisce un vero percorso di prevenzione, mitigazione o comunque di gestione dell’evento critico che deve affrontare la donna. Tullio Mastrangelo, Presidente di United Risk Management ha quindi illustrato il ruolo centrale nel progetto Women-Security del Personal Security Advisor e della Centrale Operativa H24 7×7, risorse a disposizione della donna al fine di poter intervenire tempestivamente sulle tematiche più varie in cui si può trovare la donna, con riferimento a se stessa oppure ai propri cari (anziani, figli, etc), per prevenire e fermare anche l’escalation di situazioni critiche che spesso poi porta al femminicidio. Anche con le tecnologie già disponibili, tra cui quelle gratuite quali l’App Areu sviluppata dalla Regione Lombardia che consente di mettere in contatto telefonicamente la persona direttamente con il 112 insieme alla posizione geolocalizzata (qui un approfondimento sul tema). Questo perché in caso di emergenza, i primi che bisogna chiamare – ha concluso Mastrangelo – sono sempre le forze dell’ordine.

Matteo Lopez, una carriera nelle forze dell’ordine, ha dato quindi un interessante panoramica dei servizi di intelligence attuabili a livello internazionale, per poter – ad esempio – organizzare un viaggio nei paesi a rischio in sicurezza, fino anche ai servizi di scorta in loco oppure di recupero della persona per farla uscire dal territorio a rischio.

Dall’intelligence si è passati alla difesa personale e all’autostima, grazie all’intervento di Gabrielle Fellus, istruttore di difesa personale e di Krav Maga, unica donna in Italia ad aver raggiunto il livello di Expert. E’ un tema di testa innanzitutto – chiosa Gabrielle – che consente alla donna di uscire dalla situazione subita, lavorando sul suo livello di autostima, per poter dire “no”!

La tavola rotonda successiva ha approfondito l’aspetto della tecnologia, dapprima con Paola Corna Pellegrini, CEO di Allianz Partners, che ha illustrato Sesto Senso, un sistema satellitare abbinato al veicolo che lancia una serie di segnali alla entrale Operativa di Allianz, ad esempio in caso di incidente o di panico di chi guida. Al ricevimento della chiamata, l’operatore di Centrale stabilisce una connessione con l’utente e gestisce la situazione, sino ad allertare le forze dell’ordine. In Francia sono già in uso da tempo per esempio Ultralert, un’App, attivabile con il semplice scuotimento del telefono che apre un canale di comunicazione con la Centrale Operativa. Sempre in Francia, il Ministero di giustizia con il gruppo di telecomunicazioni Orange e Allianz hanno creato un servizio per le donne vittime di violenza basato su un telefono dedicato con un pulsante per lanciare un allarme con un canale di comunicazione immediato, diretto e privilegiato con le forze dell’ordine, che ha priorità su qualsiasi altra chiamata. Ben vengano quindi tutte queste tecnologie, che però devono sempre essere inserite – ha concluso la Corna Pellegrini – in un sistema culturale, delle aziende e un sistema Paese che deve mettere in campo misure in maniera sinergica e coordinata.

La parola è passata quindi ad un’altra donna startupper, Sabrina di Fazio, CEO di E24Woman, che ha presentato il suo braccialetto di grande design e tecnologia. Un bel prodotto, per aiutare le donne in caso di emergenza, disegnato da KESIA Concept, nota casa di gioielleria, molto semplice da usare grazie a un piccolo tasto che localizza la persona e la mette in contatto con la centrale operativa H24 Viasat per l’invio dei soccorsi. C’è anche la “chiamata di impatto”, funzionalità che consente l’invio di una chiamata automatica alla centrale operativa in caso, per esempio, di caduta o di urto. GPS per localizzazione, GSM per le comunicazioni audio e una digital camera a 360 gradi per poter far si che l’operatore di centrale operativa possa seguire in diretta cosa succede; tecnologia Wi-fi per una localizzazione più precisa, biosensori per la rilevazione del glucosio (utile per i malati di diabete), sensori per il conta passi (per i più sportivi) e pagamento contactless completano le funzionalità del braccialetto, davvero un unico sul mercato ad oggi.

In chiusura di evento, Francesca Rizzi, CEO di Jointly, startup innovativa a vocazione sociale (peraltro fondata da due donne) che opera nell’ambito del welfare aziendale e del people caring, supportando le aziende nella progettazione e realizzazione di iniziative che vadano nella direzione di migliorare il benessere delle persone che lavorano in azienda, soprattutto sulle nuove aree di fragilità delle persone: assistenza ai familiari non autosufficienti, disagio psicologico relazionale, disturbi di apprendimento dei figli, perdita di competenze e difficoltà a ricollocarsi in ambito lavorativo. Tutte aree di bisogno che forse 15 anni fa non erano contemplate dalle aziende nell’ambito di politiche di welfare.

E’ possibile vedere l’evento in streaming sulla pagina Facebook.

© United Risk Management

28 Maggio 2018

Linkedin botton - Copia