I big data per la valutazione nel real estate

Fonte: Il Quotidiano Immobiliare – editoriale di Andrea Carobene, Head of Data Management 

Italia • Molti protagonisti del real estate italiano si sono dati appuntamento lo scorso 6 settembre al Convegno organizzato da il Quotidiano Immobiliare all’Innovation Campus Milano dal titolo “I servizi protagonisti del real estate”. Il convegno ha visto la presentazione di una serie di interessanti interventi che si sono seguiti senza soluzione di continuità, e che hanno offerto ai partecipanti un panorama completo dello stato e delle sfide che oggi il mondo dei servizi deve affrontare. Desideravo commentare alcune suggestioni emerse durante il panel dedicato alla valutazione del patrimonio (“Valutazione e Due Diligence”), che ritengo molto preziose per la nostra attività di società di servizi.

Come ha spiegato Maurizio Negri di Praxi, oggi il mestiere del valutatore sta cambiando in favore di una valutazione 3.0 che non considera più solamente parametri come i metri quadri, lo stato del costruito, o ancora i valori finanziari, ma anche la possibilità dell’utilizzo dell’immobile. Oggi un edificio vale perché serve, perché è utile. Negri si riferiva ad esempio alle tante esperienze di riuso temporaneo degli immobili dismessi, esperienze che hanno un valore ma che si fatica ad inserirle nei modelli classici della valutazione. Occorre elaborare un nuovo paradigma del valore che possa tenere conto anche dell’uso temporaneo delle aree abbandonate: una sfida urbanistica e di gestione degli spazi che coinvolge centinaia di comuni italiani, compresi quelli minori.

L’obiettivo è trasformare quello che oggi è percepito come problema in opportunità: un’opportunità che deve poter essere misurabile anche dal punto di vista finanziario. Per questa “valutazione 3.0” Negri sottolineava inoltre la necessità di servirsi dei nuovi strumenti tecnologici come algoritmi puntuali e big data, avvertendo tuttavia che le tecnologie non potranno mai sostituire definitivamente il valutatore umano, ma che devono essere pensate piuttosto come attrezzi che ne affiancano il lavoro. La nostra proposta è che nel processo di valutazione di un immobile si tenga anche conto del contesto nel quale si trova. L’edificio deve essere pensato come un elemento vivo che abita all’interno di un ecosistema del quale esso è una parte essenziale. In pratica, nel definire il valore di un edificio, si deve non solo guardare al costruito in sé, ma considerare anche il quartiere nel quale si trova, le dinamiche delle persone che vi vivono, la presenza di attrattori, ed ancora le prospettive future dell’area. Tutti questi parametri possono essere pensati come layer successivi di un’analisi, ed è qui che si scopre il valore insostituibile dei big data che permettono di scoprire associazioni e correlazioni destinate altrimenti a rimanere nascoste.

Un esempio concreto di applicazione dei big data è offerto dal lavoro di I-Hui Lin, “Assessing the Effect of Parks on Surrounding Property Values Using Hedonic Models and Multilevel Models”, redatto per l’Università del Wisconsin Milwaukee nel 2016. In questo studio l’autore analizza l’effetto che la presenza di un parco ha sui valori immobiliari degli edifici circostanti. Un effetto considerato normalmente positivo, ma che qui viene analizzato studiando nel dettaglio le caratteristiche di singoli parchi con strumenti come i big data o la regressione lineare. Questo dettaglio di analisi permette di evidenziare alcune particolarità meno scontate, come ad esempio la differenza di valore generata dalla presenza di fiumi o di laghetti, o tra le attività ricreative “attive” e quelle “passive” (per la cronaca in entrambi i binomi la seconda scelta è quella che garantisce un incremento maggiore del valore). Ricerche come queste, o interventi come quelli di Negri, testimoniano come oggi l’attività di valutazione del real estate sia di fronte a sfide nuove: sfide che la tecnologia e l’attenzione al contesto ci possono aiutare a cogliere e ad affrontare nel migliore dei modi.

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13 Settembre 2018