Informiamoci di più per usare meglio i servizi e le tecnologie di emergenza

di Stefano Peroncini – United Risk Management

Il Numero Unico Europeo 112 è stato introdotto nel 1991 con la direttiva 91/396/CEE, per mettere a disposizione dei cittadini un numero di emergenza unico per tutti gli Stati membri, affinché il cittadino europeo potesse chiedere l’intervento di emergenza grazie a una centrale operativa in grado di smistare la richiesta all’ente adeguato. Il 112 si è aggiunto così ai numeri di emergenza nazionali. E dal 1998 la normativa europea impone agli Stati membri di garantire che tutti gli utenti di telefonia fissa e mobile possano chiamare gratuitamente il 112.

Dal 2003 inoltre gli operatori di telecomunicazioni devono fornire ai servizi di emergenza informazioni sulla localizzazione del chiamante per consentire loro di rintracciare rapidamente le vittime di incidenti. Gli Stati membri hanno quindi il compito di sensibilizzare i cittadini sull’uso del 112, un sistema che a regime consentirà una maggiore rapidità degli interventi di soccorso e la razionalizzazione dei costi e delle risorse. Il servizio prevede l’accessibilità anche a persone con disabilità e un servizio di risposta multilingue.

Ebbene, questa l’intro ufficiale: ma quanto oggi il numero unico per le emergenze è effettivamente conosciuto e utilizzato? Ce lo dice l’ultimo rapporto UE sullo stato di attuazione del NUE 112, da poco pubblicato, secondo cui meno della metà dei cittadini europei utilizza il Numero Unico 112….non male, in fondo sono passati solo 27 anni dalla decisione del Consiglio d’Europa con la quale gli stati membri hanno adottato il NUE per tutte le chiamate di soccorso.

Sorrido pensando al nostro bel Paese, in cui l’attivazione del Numero Unico è costantemente in fase pilota, quando per esempio “in Svezia la centralizzazione delle chiamate di emergenza è stata istituita nel 1953 e oggi è operativa con il numero 112 gestito da SOS Alarm, una società che ha 600 operatori e 20 centrali operative che gestiscono le chiamate di emergenza ma anche sistemi di allarme destinati alla protezione dei privati“.

In Italia la sperimentazione è partita nel 2008 a Varese, oggi ha finalmente una copertura pressoché totale del territorio della Lombardia (dove il servizio è gestito da AREU – Azienda Regionale di Emergenza Urgenza, che ha fatto da apripista sviluppando un modello d’eccellenza) ed è in corso di estensione in tutto la penisola. Qui la situazione aggiornata del sito dedicato alla promozione del Numero Unico di Emergenza Europeo in Italia.

Ma vediamo come funziona il Numero Unico Europeo 112. In Italia al momento restano ancora attivi i numeri di emergenza nazionali, con buona pace di tutti i nostri anziani, ma non solo (visto che le vecchie abitudini sono dure a morire): il 113 della Polizia di Stato, il 115 dei Vigili del Fuoco, il 118 per il Soccorso sanitario. Chiamando qualsiasi numero di emergenza o direttamente il 112 risponde una Centrale Operativa h24 di primo livello, in grado anche di localizzare il chiamante (sia che abbia chiamato da un cellulare oppure da un numero fisso), che qualifica il chiamante, la situazione e successivamente smista la chiamata all’ente competente per la gestione dell’evento: soccorso sanitario, carabinieri, polizia o vigili del fuoco. Ciò consente in primo luogo di fare la scrematura di tutte quelle telefonate che non necessitano di interventi dei soccorsi, poiché falsi allarmi o perché semplicemente possono essere gestite senza l’intervento di forze dell’ordine o di soccorsi sanitari.

E la “novità” tecnologica (si fa per dire, visto che siamo nel 2018) è proprio la localizzazione del chiamante, anche se la chiamata arriva da un numero fisso (grazie agli accordi con le società di telecomunicazioni e le banche dati nazionali). Localizzazione ancora più immediata se l’utente utilizza l’App dedicata 112 Where ARE U, che consente anche la “chiamata silenziosa”, utile per esempio quando il chiamante non può parlare. Purtroppo però questa semplice e utile App non è ancora disponibile per tutto il Paese, come si evince dalla cartina che segue.

E allora ben venga la funzione SOS di Apple: basta cliccare per 5 volte di seguito il tasto destro dell’iPhone 6 (quello dello stand-by per intenderci) oppure tenere premuto quel tasto con quello del volume nell’iPhone X per fa partire in automatico la chiamata al 112 e a seguire un sms (con localizzazione) al contatto di “emergenza” memorizzato in rubrica, ove indicato dall’utente, insieme alla propria scheda medica. Anche se a volte la tecnologia come sappiamo fa brutti scherzi: in pochi mesi qualche malfunzionamento proveniente da un fabbrica di riparazione Apple ha fatto partire ben 1.600 falsi allarmi al 911 (l’equivalente del nostro 112 in USA) come riportato da un recente post di Techcrunch.

Ma torniamo al report citato, pubblicato il 9.2.2018, secondo cui in Italia abbiamo i seguenti KPI – Key Performance Indicators circa l’utilizzo del Numero Unico di Emergenza:

– poco più di 6 milioni le chiamate ricevute dal 112 su un totale di 15,4 milioni di chiamate ai vari numeri di emergenza (ancora pochine quindi);

– dalle regioni in cui esiste il servizio centralizzato di “public safety“, ossia Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Trentino, Roma e Friuli Venezia Giulia, 735 mila chiamate arrivano da cellulari, mentre 2.720 milioni da linee fisse;

– tempo medio di risposta pari a 11 secondi, non certo tra i primi posti in Europa ma per una volta non siamo in fondo alla “classifica dei più rapidi” e la Francia viene dopo di noi (con 12 secondi);

– 84% di chiamate risposte entro 10 secondi;

– 16,9% la stima del tasso di abbandono delle chiamate.

Il dato che ancora rimane sorprendente è che dove esiste il numero unico 112 ben il 51% delle chiamate sono considerate “false calls, ossia fatte per errore o che non necessitano un intervento dei soccorsi. Quindi ben venga davvero che ci sia un primo filtro, in modo da non intasare chi poi materialmente deve gestire una reale chiamata d’emergenza, ossia la centrale di secondo livello di carabinieri, polizia, soccorso sanitario o vigili del fuoco. E ancora meglio, l’avvento dell’eCall (European emergency call system, qui il sitoufficiale) potrà davvero fare la differenza in merito alla tempestività dei soccorsi in caso di incidente stradale, grazie al sistema delle autovetture che fa partire una chiamata automatica al 112 in caso di incidenti, con la localizzazione del mezzo, l’orario dell’evento e altre informazioni utili. Una tecnologia che diventa obbligatoria per tutte le nuove immatricolazioni proprio nel mese di marzo (sperando che non ci sia stata nel mentre l’ennesima proroga della Comunità Europea), sulla scia di un progetto europeo partito nel lontano 2011e che si pone l’obiettivo del “10% reduction road traffic fatalities“.

Non mi sorprende allora che a fronte di tempi così incredibilmente dilatati per l’implementazione operativa del Numero Unico di Emergenza o dell’eCall, il mondo delle start-up si sia mosso, con soluzioni innovative che spesso si propongono a monte, con delle soluzioni a pagamento, grazie alle quali i cittadini possono mettersi in contatto con delle Centrali Operative private le quali poi possono proporsi come erogatori di altri servizi a valore aggiunto.

Sia chiaro, nessuno di questi operatori può pensare di erogare un soccorso sanitario o un intervento tipico da forze dell’ordine, servizi per legge delegati agli enti istituzionalmente preposti. Ma di questo parleremo in un prossimo post.

Per il momento, diamo tutti una mano a diffondere il Numero Unico di Emergenza 112, ad esempio condividendo questo post, il video di promozione del Dipartimento Politiche Europee e il sito ufficiale, www.112.eu.

© United Risk Management

14 Marzo 2018