I nuovi rischi legati al PNRR e al Covid
di Enrico Fedrighini
Head of Integrity Management, United Risk Management S.p.A.
Era stato il quotidiano tedesco Die Welt, l’8 aprile 2020, in piena pandemia, ad esporre per primo timori e perplessità collegate all’arrivo dei finanziamenti europei per affrontare l’emergenza Covid: “In Italia la mafia è forte e sta aspettando i nuovi finanziamenti a pioggia di Bruxelles” era l’incipit di un articolo intitolato “Frau Merkel resti ferma!”. E proseguiva: “Dovrebbe essere chiaro che in Italia i fondi dovrebbero essere versati soltanto per il sistema sanitario… E naturalmente gli italiani devono essere controllati da Bruxelles”.
Senza entrare nel merito dell’ingeneroso giudizio di Die Welt, oggi, a distanza di oltre un anno, possiamo individuare alcuni segnali rivelatori relativi al ruolo che le organizzazioni criminali potrebbero giocare sul mercato in vista di appalti e opere legate al Recovery Plan e incluse nel programma PNRR Next Generation Italia.
C’è un dato particolarmente significativo per chiarire lo scenario che abbiamo davanti. Riguarda la demografia delle imprese lombarde elaborata da Unioncamere relativa al 2020, anno della grande crisi sanitaria ed economica generata dal Covid, con il conseguente blocco o rallentamento di numerose attività imprenditoriali. Una crisi sanitaria ed economica che ha colpito, in particolar modo, proprio la Lombardia, particolarmente penalizzata dall’epidemia e dalle misure restrittive adottate per contrastarla.
Durante la crisi sono nate molte nuove imprese. Troppe
In questo quadro generale emerge un dato sorprendente: nel corso del 2020, ben 48.043 nuove imprese si sono iscritte alle varie Camere di Commercio della Lombardia; e il numero di nuove imprese registrate nel secondo semestre 2020, risulta aumentato in misura superiore rispetto a quelle registrate nell’analogo semestre 2019. Tralasciamo i dati delle imprese cancellate d’ufficio, fallite o cessate. Ciò che interessa capire è il motivo per cui, in una situazione di grande incertezza, precarietà finanziaria e incognite sul futuro, nel secondo semestre 2020 in Lombardia il numero di nuove imprese sia aumentato più di quanto avvenuto nel 2019.
In particolare, il tasso di natalità di impresa vede al primo posto la Camera di Commercio di Milano, seguita a ruota da Monza e Brianza, Brescia, Varese, Como, Lecco: tutti ambiti territoriali toccati, a partire dall’operazione “Crimine Infinito” della DDA milanese, da numerose inchieste che hanno rivelato una radicata presenza della criminalità organizzata sul territorio lombardo. Una criminalità che raramente si manifesta in modo aggressivo, integrandosi e adattandosi alle mutevoli esigenze del quadro economico, sociale e politico.
Nello specifico due tipologie di attività economica hanno registrato incrementi di imprese particolarmente significativi: il settore delle costruzioni e quello dell’attività di gestione dei rifiuti.
Non basta. Se incrociamo questo dato (e i suoi riferimenti temporali) con il rapporto annuale 2020 di UIF, l’Unità di Informazione Finanziaria istituita presso la Banca d’Italia, emergono 2.277 segnalazioni di operazioni sospette avvenute nel corso del 2020 a livello nazionale, per un valore complessivo di operatività pari a 8,3 miliardi di euro. Di queste, la parte numericamente (ma non finanziariamente) preponderante avviene nei primi mesi della pandemia e riguarda operazioni legate alla compravendita di materiale sanitario e di DPI- dispositivi di protezione individuale. Anche in questo caso, e proprio nel secondo semestre, emerge un significativo incremento del valore finanziario di operazioni sospette nell’ambito delle erogazioni di finanziamenti pubblici: azioni numericamente limitate rispetto al dato complessivo (281 operazioni su 2.277), ma con un valore finanziario enorme: 5,9 miliardi di euro, pari al 70,9% del totale. Sempre a livello nazionale, nel secondo semestre del 2020, circa quarantamila aziende italiane hanno registrato un cambio di titolare effettivo.
Ancora: nel 2020 UIF ha registrato su scala nazionale un sensibile incremento delle segnalazioni potenzialmente riconducibili direttamente ad attività della criminalità organizzata, pari a circa il 18 per cento del flusso segnaletico complessivo.
In un anno cresciute del 385 le interdittive antimafia
D’altra parte, nel solo anno della pandemia le interdittive antimafia emesse dalle Prefetture su scala nazionale sono cresciute del 38,2 per cento rispetto al 2019 (da 1541 a 2130).
Questi dati lasciano emergere una serie di rischi connessi alla creazione di società con funzioni di “scatole vuote”, in temporaneo stand by, da attivare al momento opportuno sia per intercettare i flussi finanziari con fondi a garanzia pubblica per il rilancio delle imprese, sia per riciclare denaro attraverso l’usura e/o la partecipazione e il graduale controllo di imprese “pulite”.
Il fenomeno ha una rilevanza non solo nazionale ma europea, in termini di dimensione di mercato e di rilevanza politico-finanziaria legata all’origine dei fondi legati al PNRR. Alcuni mesi fa si è riunito a Roma un gruppo di lavoro Europol guidato dal direttore esecutivo di Europol, Catherine De Bolle, proprio per analizzare i rischi della “Covid Economy” e le strategie per prevenire e chiudere le porte ad una criminalità organizzata sempre più liquida, capace di adattarsi, e pronta a cogliere ogni opportunità.
Green economy nel mirino
Nella relazione relativa al primo semestre 2020 consegnata al Parlamento, la Direzione Investigativa Antimafia ha espresso la convinzione che la pandemia possa offrire alle organizzazioni criminali altri margini di espansione attraverso NextGenerationEu. In particolare, gli investigatori concentrano l’attenzione su grandi opere e infrastrutture anche digitali; opere di contenimento del rischio idrogeologico; reti di collegamento telematico; e interventi legati opere necessarie per una generale riconversione alla green economy.
In questo quadro i rischi sono legati soprattutto alla necessità, da parte delle istituzioni, di garantire l’iter. E’ una situazione delicata anche perché, come già detto, la criminalità organizzata ha grandi capacità di adattamento. Oggi i GIA (Gruppi Interforze Antimafia, istituiti presso le prefetture) svolgono controlli su imprese operanti nei settori considerati “a rischio” per i quali è obbligatoria la certificazione antimafia: estrazione; fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento; fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo e a freddo di macchinari; autotrasporti per conto di terzi; guardiania dei cantieri; servizi funerari e cimiteriali; ristorazione, gestione delle mense e catering; servizi ambientali (comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti).
Importante estendere i settori da monitorare
I finanziamenti e le opere legate alla green economy costituiscono importanti opportunità per alcune categorie di imprese con specifici codici ATECO legati ad attività operative comunque connesse al settore delle infrastrutture e delle costruzioni: impiantistica; rivestimenti; isolamenti termici civile e industriale; installazione di sistemi elettrici; idraulici, di cablaggio; e così via: tutti settori attualmente esclusi dall’elenco di attività “a rischio di infiltrazione mafiosa”. Proprio in questo specifico settore abbiamo rilevato recenti segnali di crescente opacità: potrebbe quindi essere opportuno valutare l’estensione dei settori da monitorare.
© United Risk Management
3 agosto 2021