Investire oggi su droni per applicazioni di sicurezza
di Stefano Peroncini, Founder & Managing Director di United Risk Management
Da anni si parla di Droni e delle innumerevoli applicazioni e servizi che possono essere abilitati grazie a questi meravigliosi oggetti volanti. Ebbene finalmente ci siamo, anche in Italia: con i nostri tempi e modi (sempre lunghissimi) stiamo facendo delle sperimentazioni concrete, che possono aprire davvero nuovi scenari d’impiego.
Certo, siamo sempre lontani anni luce da ciò che succede all’estero, basti pensare che a Dubai stanno sperimentando il drone-taxi per persone. La notizia rimbalza sui social ormai da mesi, è impressionante pensare che un domani sarà normale salire su uno di questi aggeggi volanti, cliccare su un navigatore il proprio punto di arrivo e via, sopra le teste delle persone e le macchine imbrigliati nel traffico cittadino! A questo link un bel video del drone taxi in sperimentazione a Dubai, che può coprire una distanza di circa 50 chilometri con una singola carica e arrivare ad una velocità massima di 160 km orari! Impressive, se poi si pensa che in Italia e in Europa stiamo invece ancora discutendo sul fatto che i droni debbano avere un pilota per la gestione della missione o un peso inferiore ai 300 gr per essere considerati “non offensivi”. Li invece, in quei luoghi – cifr Emirati – dove prima c’erano solo deserti sconfinati, si prevede che entro il 2023 un quarto degli spostamenti sarà a guida autonoma.
Anche in Usa hanno dato il via libera a varie sperimentazioni, dall’uso in agricoltura per erogare fertilizzanti e pesticidi nei campi, dall’impiego da parte dei media nei loro servizi giornalistici o in ambito civile per ispezionare i binari ferroviari. 7-Eleven, la più grande catena di negozi al mondo ha già avviato nel 2016 la consegna dei suoi prodotti in Nevada, con spedizioni inviate (ancora con controllo del pilota “a vista”) a clienti che vivono a un miglio di distanza dal negozio. Ma soprattutto ci sono i giganti come Amazon, Alibaba e Google che stanno a più riprese sperimentando i droni per le consegne a domicilio o per il recapito di aiuti in caso di emergenze.
E in ambito consumer i droni sono già una realtà che sta prendendo piede velocemente, complici anche il relativo basso costo e l’incredibile semplicità d’uso. Provate voi stesso con il mitico drone Phantom della DJI e vi renderete conto che è veramente alla portata di tutti.
Domanda che cresce e costo della tecnologia che diminuisce: non mi sorprende quindi che il mercato si stia allargando considerevolmente, sebbene si cominciano ad intravedere segnali di rallentamento in termini di investimenti, soprattutto nel comparto consumer, per la pressione dei soliti cinesi e per l’arrivo di molti nuovi produttori.
La UE ha cercato di calcolare il valore commerciale del mercato dei droni: oggi questa cifra si assesta sui 5,2 miliardi di dollari, ma dovrebbe salire a 11,6 miliardi entro il 2023. Bruxelles ha calcolato che se i paesi dell’Unione riuscissero ad approfittare del trend positivo creato dalla crescita della domanda di questi apparecchi, entro il 2050 potrebbero essere creati ben 150mila nuovi posti di lavoro.
Recentemente Gartner ha stimato a livello globale per il 2017 i ricavi del comparto, sia Commercial che Consumer, in 6 miliardi di dollari in valore e in 3 milioni di pezzi spediti. Ancora, secondo i calcoli della società di consulenza strategica PricewaterhouseCoopers (PwC) nei prossimi tre anni il valore dei servizi professionali con i droni crescerà di 60 volte, dai due miliardi di dollari del 2015 a ben 127 miliardi.
Goldman Sachs ha stimato che la spesa totale mondiale su velivoli senza pilota nel mercato commerciale raggiungerà 100 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni con agricoltura, energia, utilities e industrie minerarie e healthcare come settori chiave. Qui il link al report. Altre previsioni di settore, infine, arrivano a dire che entro il 2025 saranno circa un milione al giorno i voli che solcheranno i cieli negli Stati Uniti.
Insomma, al di là delle stime, tutto il mondo è da tempo in fermento, il mercato è pronto ad esplodere, si aspetta sol la fase regolamentativa ancora in corso in tantissimi paesi. Questi scenari, che ai più sembreranno futuribili e poco più che annunci o sperimentazioni sensazionalistiche, in realtà oggi sono già possibili, da un punto di vista tecnologico e delle applicazioni, per lo più industriali, e anche da quello della sostenibilità economica. E c’è chi anche sta andando nella direzione di investire in droni e altri sistemi che abbattono altri droni che volano in aree non autorizzate o comunque perché considerati pericolosi (ma di questo ne parleremo in un altro post, visto l’ampiezza che sta assumendo il fenomeno).
Veniamo all’Italia: secondo i dati dell’ENAC (Ente nazionale per l’Aviazione Civile) nel nostro paese sono circa 2.500 le aziende attive nel settore dei droni, di cui più di 1.900 sono operatori autorizzati che svolgono “operazioni non critiche” per la sicurezza in relazione alla presenza di persone o di infrastrutture sensibili e circa 400 quelle autorizzate che operano nelle cosiddette “situazioni critiche” e che necessitano di specifiche procedure per assicurare il necessario livello di sicurezza. Infine, Gli operatori che impiegano mini-droni del peso inferiore ai 300 grammi, considerati inoffensivi ed utilizzabili anche in aree cittadine, sono circa 200. Senza contare poi l’annoso problema dell’abusivismo, relativo ad aziende che operano senza autorizzazioni.
La nostra ricerca universitaria sta studiando e sperimentando applicazioni interessanti: per esempio in ambito safety e prevenzione di calamità, dove il gruppo di ricerca dell’Università Bicocca di Milano utilizza droni per il monitoraggio del territorio e delle aree geologiche a rischio, con riprese in 3D e rappresentazione dei dati con tecniche di realtà virtuale da utilizzare poi durante la didattica per lo studio del fenomeno.
Di recente ho incontrato un gruppo di ricerca del CNR che sta lavorando alla progettazione di algoritmi basati sulla swarm intelligence da utilizzare per il governo di “sciami di droni” in agricoltura (secondo una logica simile a quella delle api) e per rilevare la presenza di piante infestanti attraverso algoritmi di visione artificiale. E ancora, in ambito logistica, dove il Dipartimento dell’Ingegneria di Pisa sta sperimentando una soluzione per far movimentare ai droni in automatico le merci all’interno di stabilimenti produttivi o magazzini, grazie ad un sistema di localizzazione basato su un mix di di visione e sistemi di triangolazione a microonde.
Le istituzioni e le forze dell’ordine cominciano a fare le prime sperimentazioni congiunte, con i droni interforza: a Frosinone sono stati avviati di recente i primi test nazionali per il controllo del territorio e dell’ordine pubblico a cura di Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza.
Nel mondo delle start-up c’è poi un’euforia sempre più solida, con imprenditori visionari forti di competenze davvero di frontiera, ambiti di applicazione e network internazionali: di recente ho incontrato una start-up con “intelligenza” diffusa tra la provincia di Bergamo e San Francisco che si promette anche di rivoluzionare il settore tramite l’impiego di pattuglie di droni autonomi, dotati di intelligenza artificiale in grado di prendere decisioni complesse in scenari quanto più articolati e mutevoli, con un software di AI – artifical intelligence – e stazioni di ricarica che consentono il decollo, l’atterraggio e la ricarica in autonomia. Il tutto “solo” supervisionato da operatori di Centrale Operativa, in una control room fisica o anche ricostruita con tecnologie e algoritmi di Realtà Virtuale, in modo da rendere molto più immersiva la gestione delle operazioni. Semplice – per modo di dire – ma geniale!
In un futuro non troppo lontano possiamo immaginare un grande impiego, per esempio, nei servizi autonomi di video-surveillance, magari inizialmente solo in aeree di cantiere, dove in orari notturni o in momenti in cui non vi siano maestranze al lavoro è facile immaginare pattuglie che si levano in volo in automatico per segnalare eventuali intrusioni di malintenzionati. Ma anche in zone abitate, potremmo essere i primi a sperimentare soluzioni miste droni-rover (ossia gli analoghi dei droni volanti, solo che si muovono a terra con ruote) in affiancamento alle forze dell’ordine e agli operatori privati della sicurezza. Ancora, per il monitoraggio dell’efficienza energetica e per la stessa sicurezza dei pannelli solari, delle linee elettriche o nel mercato dell’oil & gas e infrastrutture in generale. E ad ogni drone è possibile ormai agganciare qualunque tipo di sensore, metterli in rete, farli comunicare e inviare dati ad una Centrale Operativa per produrre informazioni utili a chi deve prendere decisioni.
Insomma, il limite non è più nella tecnologia né nella mancanza di imprenditori o ricercatori visionari: le medie e grandi aziende possono provarci, ad affidare incarichi e sperimentazioni alle società produttrici di droni, e i legislatori hanno la responsabilità di non frenare questo trend ma anzi devono guidarlo e governarlo, consapevolmente. Chissà, si potrebbe anche partire dalla lingua: ci inventiamo degli acronimi che solo a sentirli ci fanno preoccupare: tra SAPR (sistemi aereomobili a pilotaggio remoto) e un semplice Unmanned System, voi quale trovate più friendly?
© United Risk Management
17 Maggio 2017